“Noi e loro: ingegneri vs architetti. Fenomenologia semiseria di una lotta eterna”
“Noi e loro: ingegneri vs architetti
Fenomenologia semiseria di una lotta eterna”
Di Federica Passera, Alumna Polimi Architettura 1999
Pubblicato stralcio su magazine Alumni Polimi, Primavera 2017
Quando penso agli anni di università il primo ricordo è sempre una sensazione precisa.
Quella che sentivo la mattina, schiacciata nei vagoni della metropolitana, incastrata tra le persone che, come ogni mattina, si recano al lavoro.
Ma, quando scendevi alla fermata di Piola, tutto cambiava.
Improvvisamente ti accorgevi che dai vagoni scendeva una fiumana di giovani studenti.
Gli studenti di Architettura colorati nei vestiti, nei capelli e nelle espressioni, da far impallidire il miglior film di Bollywood; gli studenti di Ingegneria sonnacchiosi e avvolti nei loro cappotti blu, proprio tutti blu.
I primi eccessivi, nel volersi diversi a tutti i costi, senza rendersi conto che quando si decide di essere tutti diversi alla fine si è tutti uguali; omologati i secondi, con solo qualche “testa calda” che osava un cappotto grigio scuro.
Io faccio parte del primo gruppo, con orgoglio e un po’ di ironia per i colleghi che pensano che la nostra missione sia essere, appunto, eccessivi.
Ma non è tutta colpa nostra, è che ci disegnano così!
E’ colpa dei professori sessantottini (non me ne vogliano, mi hanno insegnato molto), che a lezione si offendevano perché eravamo lì in aula anziché andare per strada a manifestare (vagli a spiegare gli sforzi di mamma e papà per pagarti la retta o la tua determinazione a imparare qualcosa di utile).
E’ colpa dell’Aula IV (esiste ancora?), immensa aula libera da lezioni, a disposizione degli studenti per incontrarsi e approfondire le esercitazioni da svolgere in gruppo. Entravi sano, ti immergevi subito in una spessa nebbia aromatizzata….e dopo pochi minuti sì che diventavi creativo, eccome!
E’ colpa di quello sciame di cappotti blu, che quando avevi lezione alla Nave e li incrociavi, ti facevano sentire una grandissima gnocca, e a noi “architette” poco importava se gli sguardi erano dovuti alla spietata carenza di offerta alla facoltà di Ingegneria. Noi credevamo davvero che i capelli rosa, il maglione extralarge slabbrato, i pantaloni strappati e i calzettoni a righe rendessero il giusto omaggio alla nostra evidente, ed indiscussa, bellezza.
I calzettoni a righe li porto ancora, si sa mai…
In cantiere mi confronto con altri architetti, con geometri e con ingegneri e, devo essere onesta, la casta peggiore non è quella degli ingegneri.
No davvero, sono collaborativi, a volte cercano addirittura di capire perché quella trave lì proprio non ci può stare, cercano magari di convincerti che invece ci sta benissimo, ma tanto sanno già che dovranno rifare tutti i calcoli.
E poi ci sono gli ingegneri che vogliono vestirsi come noi, come il caro collega al quale in questa sede rispondo. Mi fanno tanta tenerezza, come si fa a non volergli bene?